Roveja

Nei miei girovagare alla ricerca del prodotto perduto sono andata qualche anno fa a “sbattere” contro un misterioso legume (così mi dissero alla fiera di Borbona in occasione della sagra del fagiolo ….ma sinceramente mai visto)….aveva uno strano aspetto….delle palline di diverso colore, nè piatte come le lenticchie, nè irregolari come i ceci, nè ovali come i fagioli…..mmmmm…che cavolo erano? Mi dissero: Roveja! Roveja? La comprai subito, ovviamente! Non sia mai che la mia esistenza potesse avere seguito senza Roveja! Guai! E ora? Mi dissero di trattarlo come un qualsiasi legume ma a me non bastò, come non mi basta mai tutte le volte che vengo a conoscenza di ciò che non conosco! Per cui mi misi a cercare, e chiesi a mio padre, a mia zia Mafalda (ah, se conosceste la zia! Non sapete quante cose sà e quante cose fa! Un pozzo di conoscenza, tradizioni e ricette!) e quindi da loro venni a conoscenza che la Roveja altro non era che un pisello selvatico, una sorta di pianta un pò infestante che veniva utilizzata come foraggio ma che si usavaanche per l’alimentazione umana….eccome! Le persone che me lo suggerirono mi dissero che era anche scomodo da coltivare, molto faticoso da raccogliere e così nel tempo scomparve, anche perchè si ritenne che per l’alimentazione animale occorressero dei prodotti più nutrienti e variegati della Roveja. Queste piante, come altre, che sono definite “minori” e quindi dimenticate, hanno permesso l’evoluzione dell’agricoltura il quale negli anni ha portato però ad un’appiattimento culturale comportando la scomparsa di tradizioni popolari associati a queste coltivazioni ormai in disuso. Per fortuna che gente di buona volontà ha reintrodotto questo prodotto coltivandolo in quelle zone dove nacque grazie alle caratteristiche del terreno e climatiche. La Roveja è tipica delle Marche ma anche dell’Umbria, ha un sapore veramente particolare una via di mezzo tra le fave e i piselli….forse….insomma sa di Roveja! :-). Dopo questo momento scientifico alla “Quark” bisogna aggiungere che la Roveja è anche farina, una farina simile alla taragna che però ha un sapore un pò amarognolo. Con questa farina si fa la polenta di Roveja e si condisce con un soffritto fatto di olio, aglio e acciughe salate questa ricetta è tratta da un manuale agricolo (ariecco Quark :-D) di Corniolo della Cornia (sembra un personaggio di Topolino!) agronomo del 1400 ed è un piatto della Quaresima (beh, ci siamo!)! Nella cucina moderna se ne fa un ulteriore uso anche per la pasta, per i biscotti e per impastare gli gnocchi. Personalmente, avendola assaggiata, consiglierei di mischiarla alla farina comune 00 o 0, per es.: su 500 gr. di farina totale metterei 200 gr. di farina di Roveja e 300 gr. di farina comune. Con la mia Roveja in semi ho però sperimentato il pesce e più precisamente le seppie, il suggerimento me lo ha ispirato lei ma ho apportato qualche modifica:

per 4 persone:
un pugno di Roveja a commensale (tenuta a bagno per almeno 24 ore)
sedano, carota e cipolla q.b.
3-4 pomodori maturi
peperoncino
olio extravergine
timo
2 belle seppie

Dopo aver rinvenuto per 24 ore la Roveja (la scrivo maiuscola perchè mi sembra un miracolo che sia di nuovo tra noi!) la faccio bollire, come si fa per i fagioli, con un brodo di sedano, carota e cipolla per almeno 1 ora. Poi preparo un soffritto di sedano, carote, cipolla e peperoncino e poi aggiungo i pomodori a pezzetti senza pelle e faccio insaporire per un pò. Poi aggiungo la Roveja scolata e faccio andare per una decina di minuti, la faccio insaporire bene poi aggiungo un paio di mestoli di acqua della loro cottura e faccio ancora cuocere per una buona mezzora a pentola scoperta. Nel frattempo l’acqua si sarà assorbita e quando diventerà densa e ben cotta aggiungo le seppie a striscioline. Faccio insaporire bene ma senza tenerle molto altrimenti diventano troppo dure. Aggiusto di sale e…..piccolo consiglio: una spolveratina di pecorino a julienne! Veramente buono, sano e saporito!

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